Due sono i mestieri più vecchi del mondo uno dell'uomo uno della donna, entrambi si fanno di notte ed entrambi insozzano, uno sporca la donna dentro e l'altro l'uomo fuori, sono nobili negli intenti ma squallidi nei modi; al mattino i più si dimenticano di coloro che praticano tali mestieri e che nel buio hanno lavorato per loro, pochi amici per questi esseri tristi, poche lodi e ringraziamenti; necessari ad un mondo migliore questi uomini e donne sono ignorati da tutti, il giorno dormono per vivere poi; nessuno diventa regina nè comandante, nessuna medaglia appuntata sul petto; in tanti ne muoiono ogni sera ma nessuno sa di loro, quante storie potrebbero dire, quante storie; tra loro si conoscono tutti, tra loro si conoscono tutte, si mescolano spesso per una sigaretta in qualche pausa illuminata da un lampione; due sono i mestieri più vecchi del mondo uno dell'uomo uno della donna; la puttana; e il netturbino.
"E' vivo, è vivo!", urlai quando il vecchio si mosse per stringermi forte una mano.
Ci eravamo separati un'oretta prima per pulire due strade diverse, nei suoi occhi avevo visto la tristezza di lasciarmi e mi era parsa reale, ma il silenzio tra noi era forte da mesi, il coraggio a mancarci nei gesti. Due uomini vecchi non si possono amare, pensavo. Ma lo amavo lo stesso. Che notte bizzarra, e triste.
"Ehi ciao", mi sorrise guardandomi.
"Ciao. Ben tornato tra noi" gli risposi.
"Che è successo?"
"Non lo sappiamo ancora, sei molto fortunato ad essere vivo, ti ho trovato sdraiato in un mare di sangue, accanto a una macchina aperta, la testa coperta di vetri".
"Sono vivo davvero".
"Sei vivo davvero", quel sorriso dolcissimo mi dava alla testa.
Due tipi un po' grossi lo presero e lo stesero in una barella, tutto il tempo mi fissò, tutto il tempo lo fissai, lo infilarono in una ambulanza bianca e lucida e mentre si stavano chiudendo le porte provai a entrare anche io, mi cacciarono via e lo sentii ridere, ridere. Appena le ruote sgommando lo allontanarono da me, d'istinto scoppiai in lacrime, non erano tristi però, erano la liberazione di un peso inatteso.
Dovevo calmarmi e così camminai senza meta fumando e guardando i passanti assonnati. Una vecchia battona mi prese in disparte e mi raccontò le avventure con i clienti più strani, "Un matto voleva scoparmi per strada di giorno" mi disse, "ti pago il doppio, mi diceva, ma ho una dignità e non l'ho fatto, ho una dignità io, e non l'ho fatto". Rideva anche lei raccontando, che notte bizzarra, prima triste e poi allegra.
Seduto in un panchina sfogliai distratto un quotidiano gratuito, mi incamminai per il quartiere a perdere tempo, non avevo sonno quella mattina. Poi accadde che sentii un urlo e un botto dietro l'angolo.
Arrivai e vidi la stessa persona due volte. Una donna bellissima sia morta che viva. Rimasi distante dei passi a guardare. La morta era stesa per terra col cranio spaccato, più in alto una finestra aperta raccontava il suo ultimo gesto. La viva era inginocchiata su di lei e piangeva pregando, ed era uguale, erano uguali, solo l'esistere ormai a dargli differenza. Mi avvicinai quando lei si voltò, il viso insozzato di lacrime a chiedere aiuto. M'immaginai nella sua condizione, a trovare nello specchio un cadavere. Che notte bizzarra, pensai, con il sole nascente a colpirmi la nuca.
Che notte bizzarra, prima triste poi allegra e poi triste di nuovo.
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