11 novembre 2006

Heaven to Hell

LaChapelle - Heaven to Hell.

come dio comanda

"La volontà di Dio è per noi, poveri peccatori, oscura come la più buia delle notti d'inverno."

Il nuovo libro di Ammaniti, "come dio comanda", è un qualcosa da cui è impossibile trarre una citazione. Le parole formano un ammasso compatto e indivisibile, un'immensa distesa di lettere, omogenea e infida proprio come la triste pianura che è da sfondo al romanzo. La piana, con questi container, le pompe di benzina, il fiume melmoso, assume sembianze così definite da materializzarsi nell'immaginario del lettore, perfetta e nitida nei suoi morbidi tratti nebbiosi: e pretende così un ruolo ambiguo e decisivo, di contenitore di storie, da un lato, ma di primo attore dall'altro. Gli uomini le cose e l'ambiente sono infatti legati da un filo che unisce e amplifica il contatto, da un legame che non distingue tra adulto e bambino, tra baracca e palazzo, tra follia e ingenuità. E in questa palude di eventi e pioggia e giorni e destino, traspare dopo poche pagine l'ineluttabile verità: che il vero protagonista non è un uomo, nè una donna, nè un bambino. Piuttosto è Lui, il Creatore, Dio, che comanda e muove come fossero marionette le anime dannate che popolano la pianura. E certamente non importa se il Signore esista davvero, la sua potenza e la sua gloria sono proprio in questo: la fede, da sola, basta a portare la sua volontà, seppur evinta o immaginata, su questa terra. Ed ecco che perfino la pazzia, in un ossimoro che soltanto una mente geniale poteva partorire, assume un senso ben preciso, un significato, una sua logica del tutto illogica. La morte non spaventa più, se vista in rapporto a questo disegno così preciso: la sua faccia nera, piumata, con il becco aguzzo, è quasi un conforto e una soluzione. Diventa l'unica amica, la sola cosa che possa spezzare i fili degli ordini di Dio.
"come dio comanda" è un libro che scava. I molti livelli di lettura non sono tra le righe o nei capitoli, ma sono dentro di noi, si formano con la lettura: da quello più superficiale del puro godimento letterario, a quello più profondo della comprensione ultima. Il procedere veloce e incalzante della trama assume così le sembianze di un cammino di espiazione, di riflessione, uno spunto che può aiutarci a capire dove sia la via di fuga. Un percorso che ci dica cosa scegliere quando, fermi davanti a un bivio in cui una strada si inerpica nel bosco e l'altra è assalita dalle luci, dovremo infine fare una scelta: perchè il gioco, è più grande di noi.
E laggiù, da qualche parte, potrebbe nascondersi il delirio. Perchè così comanda Dio.

10 novembre 2006

Monkey Islands of the Tentacle


Parental Advisory: tutti coloro che, osservando l'immagine qui sopra, non sospireranno pensando ai vecchi tempi e non si guarderanno timorosi in giro, tentando di nascondere quella lacrimuccia che sta colando sulla guancia, sono pregati di smettere di leggere. Non potranno capire.



Una volta, tanto tanto tempo fa, le cose andavano bene. La tecnologia era quella che era, certo; ma bastava: ed avanzava. C'era un tempo in cui accendere il piccì, o ancora prima l'Amiga (e qui la malinconia sfocia nella disperazione), provocava un brivido speciale, che nessun internet, nessun blog, nessun videogioco-di-oggi-tutto-effetti-speciali-e-grafica-treddì, potranno mai ridarci. C'era un tempo in cui la Lucas Arts rivoluzionò il mondo di tantissimi bambini, e adolescenti, e adulti: inserendo, nella monotona vita cittadina, pirati logorroici, scienziati pazzi, conigli maniaci, avventurieri folli, scheletri spagnoli. Personaggi che sarebbero entrati dalla porta di servizio, ma avrebbero occupato la stanza principale. Monkey Islands, Day of the Tentacle, Grim Fandango, Sam & Max: parlo di robe che mi hanno riempito le giornate per anni interi della mia vita, parlo dei ritorni da scuola a parlare con il compagno di classe di quel punto impossibile da risolvere, parlo delle frenetiche corse a casa quando ti veniva l'illuminazione, parlo dei giorni snervanti passati sempre nello stesso punto, ma come cazzo si farà ad andare avanti?
Oggi è tutto diverso. E' tutto così veloce. Un bel videogioco è un gioco tecnologico, oppure provocatorio, oppure violento. Dura una settimana, ma è come durasse un minuto, perchè ogni momento è uguale all'altro. Ieri un bel gioco era un gioco profondo, denso, originale in tutti gli aspetti. Era un'avventura che ti immergeva in un mondo che diveniva il tuo, per quelle settimane che impiegavi a terminarlo. Era un'avventura in cui tornavi volentieri anche dopo averne finito la trama: per carpirne gli ulteriori segreti, le sfaccettature, le finezze.
Sam & Max è stato sicuramente il gioco più geniale e completo a cui abbia mai giocato. Io ridevo, davanti allo schermo.
Quando qualcuno ne farà uno migliore, eccomi qui. Sapete dove trovarmi.

Tornerò bambino per un po', se necessario.

09 novembre 2006

Love is a number

229-196

What a wonderful world.

The Dears - Live


Live.
Roma, Circolo degli Artisti.


Forse neanche 50 persone ad ascoltarli. Non importa: un concerto incredibile, pieno di sorprese, di melodia, di suoni e di bellezza. Una voce incredibilmente simile a quella di Damon Albarn. Un gruppo da scoprire, da non dimenticare.
The dears, are flawless.

08 novembre 2006

White Rose Movement

La nuova rivelazione d'oltremanica si chiama così: White Rose Movement.
Questa, è Girls in the Back.

Come non amarli?

07 novembre 2006

fK's: Live

Per rosicare meno pensando a Brandon Flowers, domani, mentre canterà Read My Mind senza di me, ho deciso di ripensare ad alcuni dei concerti in cui l'impavido fK era presente, con le sue sguaiate urla e le sue mani in aria.
Ho pensato a una serie di ricordi in uno pseudo-ordine di intensità decrescente, che non vuol dire niente, quando si parla di sequenze di emozioni. Non è tutto, ovviamente. Sono i più grandi, i più belli, i più forti. Quelli che mi porto dentro, quelli che mi vengono in mente ora, quelli che mi hanno dato qualcosa, anche poco, anche pochissimo. Oppure tanto, tantissimo.
Eccoli.


1. Radiohead - Firenze, Piazzale Michelangelo
2. Coldplay - Bologna, Palamalaguti
3. Muse - Roma, Palladium
4. Placebo - Roma, Palaeur (oggi Palalottomatica)
5. R.E.M. + Green Day - Imola, Heineken Jammin' Festival 2005
6. Depeche Mode - Roma, Stadio Olimpico
7. Massive Attack - Roma, Ippodromo di Capannelle
8. Oasis + Counting Crows - Imola, Heineken Jammin' Festival 2000
9. AIR - Roma, Ippodromo di Capannelle
10. Franz Ferdinand - Firenze, Sashall
11. Muse - Firenze, Sashall
12. Carmen Consoli - Roma, Villaggio Globale
13. Placebo + Skin + Marlene Kuntz - Roma, CocaCola Live @ Mtv
14. Patty Smith - Roma, Auditorium
15. Blonde Redhead - Roma, Villa Ada
16. Offspring + Placebo + Incubus - Imola, Heineken Jammin' Festival 2001
17. Lamb - Roma, Villa Borghese
18. Subsonica - Roma, Palalottomatica
19. Peaches - Roma, Circolo degli Artisti
20. Gianna Nannini - Roma, Auditorium
21. Dream Theater - Roma, Palaeur (oggi Palalottomatica)
22. Mercury Rev + Oasis - Imola, Heineken Jammin' Festival 2005
23. Alanis Morissette - Roma, Piazza del Popolo
24. AIR - Roma, Teatro Argentina
25. Muse - Milano, Rolling Stone


Mancano molti alla lista. E non parlo solo di concerti a cui sono andato e che non meritano di entrare in una top 25. Parlo soprattutto di concerti a cui sarei voluto andare, gruppi che avrei voluto vedere live, gli u2, i blur, gli editors, i deus, i killers (ancora, sigh), e mille altri di cui ora, nel sonno, mi dimentico il nome. La lista si amplierà presto, spero.
Mi risulta difficile, però, imaginare qualcuno che possa prendere il primo posto. Perchè è difficile immaginare qualcosa di più emozionante della voce incerta di Thom che intona, a cappella, queste parole:

And for a minute there, I lost myself, I lost myself
And for a minute there, I lost myself, I lost myself

05 novembre 2006

Esecuzione Capitale

Un altro delitto nel nome della giustizia.

Nel 2006.

Blackout

Pare che stanotte l'intera Europa continentale abbia rischiato un blackout generale di proporzioni epiche, sfiorato ed evitato infine soltanto all'ultimo; è mancata la luce soltanto per alcuni minuti in qualche zona della Francia e in Germania, niente di simile al disastro che poteva verificarsi.
Vengono in mente mille ricordi del blackout italiano, quello di tre anni fa. Viene in mente la notte bianca traformata in notte nera, le luci sul lungotevere e il rumore assordante e poi, improvvisamente, il buio, i clacson delle macchine, l'iniziale spavento, i commenti sulla città che non reggeva il colpo della notte bianca (e chi sapeva, allora, che era un roba nazionale?), e poi tutta la notte, bianca comunque per noi impavidi animali notturni, passata in casa a giocare a chissacchè perchè fuori oltre ad essere tutto buio pioveva pure, le telefonate notturne, le candele, lo stupido esorcismo fatto a un criceto spaventato, le corse, la radio a pile che dava inesorabilmente quel tiepido suono di rumore bianco e niente più, chi può trasmettere in radio senza corrente?, le preoccupazioni e il divertimento e le macchine in giro con i loro fari, ancora più gialli nel contrasto con la città blunotte.
Tre anni fa, cazzo. Fottuti ricordi.

I Muse avevano pubblicato Absolution da una settimana e un giorno esatti, quella notte.
E Absolution era fisso nel mio lettore cd, nella mia mente, e nelle mie parole.
In Absolution c'è una canzone bellissima, e troppo poco conosciuta.

La canzone, si chiama Blackout.
Musica.

don't kid yourself
and don't fool yourself
this love's too good to last
and i'm too old to dream

don't grow up too fast
and don't embrace the past
this life's too good to last
and i'm too young to care