La poesia è roba difficile, cazzo.
Voglio dire, con un romanzo la strada è tutta in discesa. Prendi quello che vuoi dire, lo piazzi in testa a qualcuno, lo muovi, gli dai un contorno credibile, lo allunghi per 200 pagine, e la formulina magica da i suoi porchi risultati.
Ma la poesia è diversa. Devi raccontare un mondo, una vita, una trama, un'esperienza, in quelle poche righe: e dare al tutto una forma musicale. Le emozioni non le esprimi più descrivendole: le fai provare direttamente al lettore, con le sillabe, con le consonanti, con i dittonghi. Le parole devono provocare sensualità, o paura, o amore, o delusione. Non te la cavi più con un bel paragrafo introduttivo, nel descrivere la rabbia del protagonista: ti sono concessi due aggettivi, non di più.
E' per questo che ci sono tantissimi autori famosi di romanzi, e così pochi autori famosi di poesia. Nel senso: di poeti è pieno il mondo. Ma chiedi a qualcuno di citare tutti i poeti che conosce: arriverà nemmeno a dieci.
Poi c'è quello che ci riesce. Che tu lo leggi, e già al secondo verso sei dentro al mopndo che ha creato e sei in grado di muovertici con disinvoltura. C'è quello che ti fa soffrire, o magari ti fa ridere. Non è facile, anzi. Ci vuole un'arte che hanno avuto in pochi, nella storia. Quei pochi che sono riusciti a trasportare perfino me, l'anti-poesia per eccellenza, il "solo prosa per favore".
Ho fatto un esperimento. Ho letto questa poesia, e subito dopo l'ho riletta di nuovo. Come mobili di una casa in cui sei già entrato, ma che ancora non è tua, alla seconda lettura le parole sembravano più normali, più accomodanti, ma erano ancora piene di quell'odore che senti solamente nelle case degli altri. Una cosa incredibile, a pensarci bene.
Che ti fa quasi male.
Fuggendo da te mi sono dato ad amici e vino,
perché dei tuoi occhi oscuri avevo paura,
e nelle braccia dell’amante, ed ascoltando il liuto
ti dimenticai, io tuo figlio infedele.
Tu però in silenzio mi seguivi,
ed eri nel vino che bevevo disperato ,
ed eri nel calore delle mie notti d’amore,
ed eri anche nello scherno che ti rivolgevo.
Ora rinfreschi le mie membra sfinite
e hai accolto nel tuo grembo il mio capo,
ora che dai miei viaggi son tornato:
tutto il mio vagare era un cammino verso te.
Herman Hesse - Alla Malinconia
16 settembre 2006
15 settembre 2006
365cento
La nuova piccola della Fiat, probabilmente tra le automobili più aspettate nella storia italiana, il remake della 500, farà la sua comparsa nella strada più vicina a te fra esattamente 365 giorni!
Considerando che la mia laurea dovrebbe avvenire (spero!) non moltissimo tempo dopo, tutto questo mi sembra come la prova che il corso del destino è ineluttabile, e inoltre è proprio figo.
Yeah.
Considerando che la mia laurea dovrebbe avvenire (spero!) non moltissimo tempo dopo, tutto questo mi sembra come la prova che il corso del destino è ineluttabile, e inoltre è proprio figo.
Yeah.
13 settembre 2006
The Killers
Un gruppo Indie, che viene da Las Vegas? Fino a un anno e mezzo fa se qualcuno mi avesse fatto questa domanda, avrei probabilmente risposto che "Indie" non vuol dire "Indiano", nè "Indonesiano", nè tantomeno "Indemoniato". Poi, è uscito Hot Fuss, degli oggi famosissimi Killers: ed è cambiato tutto.
I Killers sono il gruppo giusto al momento giusto. Geniali, nella loro meschina originalità. Alla fine cosa puoi dire a dei tipi che hanno preso la rivoluzione degli anni '60, l'hanno mischiata con gli inni generazionali degli anni '70, hanno condito il tutto con i sintetizzatori e il sound degli '80, hanno saltato i '90 perchè hanno capito che in quel periodo o sei i Radiohead, o copi, o fai schifo, e sono arrivati dritti dritti al 2004 con un album denso, originale e pieno di canzoni memorabili.
Poi è arrivato il successo. I concerti in giro. I video su Mtv. Somebody Told Me in discoteca. Insomma, il classico preludio al disastro. Oggi, però, stanno per riprovarci.
Sam's Town, il loro secondo LP, uscirà il 2 ottobre. Ho deciso che per la prima volta da anni ormai, comprerò il disco originale senza (se riesco a resistere) scaricarlo prima: per farvi capire l'aspettativa.
Il singolo, When You Were Young, mi fa semplicemente godere (per citare un bittersweet a caso nella sua estrema finezza): ma si sa, una canzone non dice proprio niente (vedi alla voce "Kasabian - Empire"), il disco è tutta un'altra cosa.
Nel frattempo non posso far altro che aspettare. Scopro oggi che il 18 novembre, al Rolling Stone di Milano, saranno in concerto. Probabilmetne ci andrò: per un gruppo così, il viaggio vale tutto. Tra poco i biglietti sono in vendita. L'attesa è lunga.
Intanto aspetto con trepidazione il loro secondo singolo estratto da questo nuovo Sam's Town; si chiamerà Bones.
No, questa volta non è un'aspettativa di tipo musicale.
E' che il video, lo gira uno dei miei registi preferiti in assoluto. Forse il più grande di tutti. Per la prima volta alle prese con un video musicale.
Come? Ah, non ho detto il nome?
Si chiama Tim Burton.
I Killers sono il gruppo giusto al momento giusto. Geniali, nella loro meschina originalità. Alla fine cosa puoi dire a dei tipi che hanno preso la rivoluzione degli anni '60, l'hanno mischiata con gli inni generazionali degli anni '70, hanno condito il tutto con i sintetizzatori e il sound degli '80, hanno saltato i '90 perchè hanno capito che in quel periodo o sei i Radiohead, o copi, o fai schifo, e sono arrivati dritti dritti al 2004 con un album denso, originale e pieno di canzoni memorabili.
Poi è arrivato il successo. I concerti in giro. I video su Mtv. Somebody Told Me in discoteca. Insomma, il classico preludio al disastro. Oggi, però, stanno per riprovarci.
Sam's Town, il loro secondo LP, uscirà il 2 ottobre. Ho deciso che per la prima volta da anni ormai, comprerò il disco originale senza (se riesco a resistere) scaricarlo prima: per farvi capire l'aspettativa.
Il singolo, When You Were Young, mi fa semplicemente godere (per citare un bittersweet a caso nella sua estrema finezza): ma si sa, una canzone non dice proprio niente (vedi alla voce "Kasabian - Empire"), il disco è tutta un'altra cosa.
Nel frattempo non posso far altro che aspettare. Scopro oggi che il 18 novembre, al Rolling Stone di Milano, saranno in concerto. Probabilmetne ci andrò: per un gruppo così, il viaggio vale tutto. Tra poco i biglietti sono in vendita. L'attesa è lunga.
Intanto aspetto con trepidazione il loro secondo singolo estratto da questo nuovo Sam's Town; si chiamerà Bones.
No, questa volta non è un'aspettativa di tipo musicale.
E' che il video, lo gira uno dei miei registi preferiti in assoluto. Forse il più grande di tutti. Per la prima volta alle prese con un video musicale.
Come? Ah, non ho detto il nome?
Si chiama Tim Burton.
12 settembre 2006
La tecnica dell'orchestra contemporanea
Oggi, sull'autobus, una scena che mi ha fatto pensare.
Un bambino, avrà avuto 6 anni: come tutti i bambini, si è messo a urlare, a scherzare: ha cominciato a giocare alla guerra con una simpatica signora che si trovava lì vicino. Lascio immaginare i botti, le grida, gli schiamazzi. Tutti nei dintorni eravamo divertiti, affascinati, colpiti da un bambino, tra l'altro molto bello, e così vivace, così pieno di dolcezza.
Tutti sì, tranne una persona: la madre. Che non ha saputo fare altro che rimproverarlo tutto il tempo, trattarlo come un deficiente, come una persona non degna di interesse. L'apice è stato quando il piccolo, in un momento di (troppo) slancio affettivo, ha teso la mano verso la guancia della mamma: e questa, per risposta, non ha saputo far altro che scostarsi, pronunciando le parole "Fermo! Hai le mani sporche!"
Come se i bambini non potessero capire, come se per loro ci fosse un mondo inaccessibile. Quando in realtà, se questo pianeta è qui per un motivo, quel motivo sono loro; non di certo per noi.
Basta un minuto per realizzare che non c'è niente in questa terra che un bambino non potrebbe capire meglio di me. Semplicemente per il fatto che a lui mancano i pregiudizi: e che i pregiudizi non portano da nessuna parte.
Tutto questo mi ha fatto riflettere. Mi ha fatto ricordare. Forse dovremmo fare un piccolo esame di coscienza: guardare i bambini, e sentirci liberi di commuoverci, di pensare a quanto era bello e a quanto era semplice, a quanto le disgrazie erano lontane. Forse dovremmo sentirci in qualche modo giustificati a ricordare tutto questo, e a rimpiangerlo, anche con qualche lacrima, senza pudore. Forse quella madre aveva bisogno di qualcuno che gli sussurrasse nell'orecchio cose dolci: perchè non vedere la bellezza in un essere così piccolo, per di più il proprio figlio, è indice di qualche mancanza, o forse ( probabilmente) di qualche sbaglio. Non basta dire: "facile, mica è tuo figlio, voglio vedere te quando ci convivi, con un bambino così". Non ci casco più. Ormai ho 23 anni, sono in grado di pensare al futuro anch'io.
Voglio un mondo in cui i bambini possono fare la guerra per finta, e in cui i grandi possano far la pace per davvero.
You wear guilt
Like shackles on your feet
Like a halo in reverse
I can feel
The discomfort in your seat
And in your head it's worse
Un bambino, avrà avuto 6 anni: come tutti i bambini, si è messo a urlare, a scherzare: ha cominciato a giocare alla guerra con una simpatica signora che si trovava lì vicino. Lascio immaginare i botti, le grida, gli schiamazzi. Tutti nei dintorni eravamo divertiti, affascinati, colpiti da un bambino, tra l'altro molto bello, e così vivace, così pieno di dolcezza.
Tutti sì, tranne una persona: la madre. Che non ha saputo fare altro che rimproverarlo tutto il tempo, trattarlo come un deficiente, come una persona non degna di interesse. L'apice è stato quando il piccolo, in un momento di (troppo) slancio affettivo, ha teso la mano verso la guancia della mamma: e questa, per risposta, non ha saputo far altro che scostarsi, pronunciando le parole "Fermo! Hai le mani sporche!"
Come se i bambini non potessero capire, come se per loro ci fosse un mondo inaccessibile. Quando in realtà, se questo pianeta è qui per un motivo, quel motivo sono loro; non di certo per noi.
Basta un minuto per realizzare che non c'è niente in questa terra che un bambino non potrebbe capire meglio di me. Semplicemente per il fatto che a lui mancano i pregiudizi: e che i pregiudizi non portano da nessuna parte.
Tutto questo mi ha fatto riflettere. Mi ha fatto ricordare. Forse dovremmo fare un piccolo esame di coscienza: guardare i bambini, e sentirci liberi di commuoverci, di pensare a quanto era bello e a quanto era semplice, a quanto le disgrazie erano lontane. Forse dovremmo sentirci in qualche modo giustificati a ricordare tutto questo, e a rimpiangerlo, anche con qualche lacrima, senza pudore. Forse quella madre aveva bisogno di qualcuno che gli sussurrasse nell'orecchio cose dolci: perchè non vedere la bellezza in un essere così piccolo, per di più il proprio figlio, è indice di qualche mancanza, o forse ( probabilmente) di qualche sbaglio. Non basta dire: "facile, mica è tuo figlio, voglio vedere te quando ci convivi, con un bambino così". Non ci casco più. Ormai ho 23 anni, sono in grado di pensare al futuro anch'io.
Voglio un mondo in cui i bambini possono fare la guerra per finta, e in cui i grandi possano far la pace per davvero.
You wear guilt
Like shackles on your feet
Like a halo in reverse
I can feel
The discomfort in your seat
And in your head it's worse
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