26 marzo 2008

Attacchi di panico

Capita che ti svegli alle cinque del mattino e ti senti colpevole. Mortalmente colpevole. Per colpe assurde, tipo non essere riuscito a metterti nel lato giusto del letto durante la notte, o per la paradossale paura di non riuscire a dormire quando ne avresti un bisogno estremo. Entri in un circolo vizioso e senti il petto diventare pesante fino a farti male, malissimo, e a quel punto sei fregato. Accendi la luce e cominci a respirare forte, l'aria fresca che ti entra nei polmoni ti rilassa quel tanto che basta ad avere qualche pensiero lucido. Pensi che forse basterà leggere un po', apri il libro e scorri qualche riga, rileggi le stesse parole dieci, venti volte, e ti accorgi che in realtà non stai capendo niente, il tuo pensiero è altrove, è di nuovo laggiù.
Ti alzi nel cuore della notte per farti una camomilla doppia; mentre metti il pentolino sul fuoco non puoi fare a meno di notare che la superficie dell'acqua sta tremando, di un tremore che ti attraversa corpo e mente. Passerà, continui a dire a te stesso. Passerà. Fumi una sigaretta, ti nausea, ma quella vertigine allo stomaco almeno distoglie un momento il senso di pericolo da quell'irrealtà che lo avvolgeva e lo dirige su qualcosa di realmente sgradevole, consolazione necessaria, al momento.
Mentre inghiotti quel liquido che hai dolcificato in eccesso fumi ancora, senti lo stomaco ribollire e pensi che forse ce l'hai fatta; torni a letto e spegni la luce. Passano pochi minuti ed ecco tornare il senso di colpa, questa volta è ancora più forte perchè è accolpagnato dalla nausea che hai provocato appena prima. Hai inglobato quel fenomeno fisico nella tua proiezione mentale rendendola, di fatto, ancora più vera. Cominci a girarti nel letto e provi a scappare dai tuoi pensieri ricorrendo ai metodi più stupidi. Niente.
Accendi il computer, l'orologio segna le 5.33, sembra passata un'eternità da quando hai aperto gli occhi, ma in realtà sono solo pochi minuti, pochi fottutissimi minuti. Fai un giro su internet ma a quest'ora di notizie interessanti ce n'è davvero poche. Grazie a dio finisci per caso su un sito di giochi in flash, per la disperazione clicchi qua e là un po' a caso e ti ritrovi a giocare a pang, quel videogame in cui devi distruggere della palle enormi che rimbalzano con una pistola senza farti schiacchiare. Finisci un po' di quadri ed effettivamente le dita tremano molto meno di quando hai iniziato.
Torni di nuovo a letto, stavolta è fatta, pensi. Stavolta è fatta. E' di nuovo buio ed è di nuovo colpa, ma sei una persona intelligente e hai voglia di vincere anche questa sfida, perciò dirigi il pensiero verso pang, giochi qualche partita mentale, roba da matti, ma senti il respiro diventare meno affannato e al momento è la cosa più bella del mondo. Stai per addormentarti di nuovo quando fai l'errore più grande di tutti: diventi consapevole di essere in quella soglia tra il sonno e la veglia. E provi a sbilanciarti verso il dormire; torna la colpa, ed è ancora più pesante perchè adesso gli si aggiunge la consapevolezza di non riuscire a combattere nonostante un a collezione di armi non indifferente. La camomilla, le sigarette, il libro, pang: sono tutti motivi di vergogna. L'ansia è insostenibile.
Capisci che così non puoi andare avanti, la tua mente arriva a pensare di fare qualcosa di definitivo, l'autocontrollo che ti rimane è ancora tanto grazie a dio; ma così non puoi andare avanti davvero, devi fare qualcosa. Accendi la luce per l'ennesima volta, sono le 6.21, almeno tutto quel casino è servito a perdere più tempo possibile. Cominci a togliere tutta la roba dal letto. Cuscini, libri, vestiti; quando rimangono soltanto il piumone e il tuo corpo ti sposti tutto dall'altra parte, sembra un'altro posto da laggiù, un'altra casa, un altro letto. Socchiudi gli occhi quel tanto che basta a percepire la luce filtrare da sotto le persiane e ti metti ad aspettare. Il fiato è ancora rapido e affannato, il petto è pesante, la mente poco lucida, e tu aspetti.
Qualcuno si sveglia in casa, senti le porte aprirsi, lo sciacquone del bagno. Ti attacchi con la mente a questi rumori, alla consapevolezza che qualcuno di vivo è a pochi metri da te. Senti i muscoli rilassarsi un po', ma rimani all'erta questa volta. Ti alzi, ancora; hai un sonno pazzesco, sai di aver mandato a puttane l'esame del giorno dopo, oggi non studierai molto. Ma al momento è la cosa meno importante del mondo, già soltanto sopravvivere ti sembra incredibile. Esci dalla camera, vai in cucina e metti su un caffè. Inghiotti rapidamente un'intera macchinetta. Fa schifo ma ti piace quell'amaro in bocca.
Ti siedi sul divano ed aspetti, ancora. Senti una presenza alle tue spalle e una voce, parole che ti entrano in testa e ti puliscono dentro. "Già sveglio?", dice.
"Buongiorno papà", rispondi. Sono le 7.02, e non ne sei ancora uscito.

23 marzo 2008

Uomo

C'era un uomo che uscendo ogni mattina dalla porta di casa salutava il citofono. "Ciao", diceva con affetto, mimando il gesto con la mano e sorridendo. Poi andava a fare il suo lavoro ed era bravo, programmava in una azienda in qualche posto, a pranzo mangiava il suo panino con la mortadella davanti allo schermo del computer per non perdere tempo, poi lavorava fino alle sette di sera. Nella strada del ritorno si fermava un'oretta in palestra, faceva mezz'ora di pesi e mezz'ora di vogatore, voleva rinforzare il torace e gli arti superiori. Poi a casa salutava sua moglie con un bacio sulle labbra, né troppo tenero né troppo passionale, sempre il giusto; lei ricambiava il suo amore con un pasto caldo già pronto in tavola, cucinava bene e le piaceva sbizzarrirsi con la fantasia. Spesso dopo cena si guardavano un film abbracciati sul divano, lei piangeva sempre lui soltanto qualche volta; non si addormentavano mai perchè ad entrambi piaceva il buon cinema, dopo rimanevano in piedi fino a tardi a discutere della bravura di questo o quell'attore, o dell'estrema eleganza della fotografia. Poi andavano a letto e a luci accese facevano l'amore: quasi ogni sera, a parte quando lei era indisposta; lui conosceva bene il corpo dell'amata e sapeva come farla stare bene, e i loro corpi si muovevano in un'armonia perfetta. Poi uno dei due allungava un braccio e spegneva la luce, nel buio si tenevano per mano e dopo gli ultimi sguardi in penombra chiudevano gli occhi. Poi al mattino l'uomo si alzava senza fare rumore, si vestiva in bagno e si spruzzava appena una goccia di un profumo discreto ma buono. Quindi usciva di casa e, come ogni mattina, salutava il citofono: "ciao", diceva con affetto, mimando il gesto con la mano e sorridendo.
E' pazzo, un uomo così?

The passenger seat


I roll the window down
And then begin to breathe in
The darkest country road
And the strong scent of evergreen
From the passenger seat as you are driving me home.

Then looking upwards
I strain my eyes and try
To tell the difference between shooting stars and satellites
From the passenger seat as you are driving me home.

"Do they collide?"
I ask and you smile.
With my feet on the dash
The world doesn't matter.

When you feel embarrassed then i'll be your pride
When you need directions then i'll be the guide
For all time.
For all time.

[buona pasqua]