09 settembre 2006

120 seconds to say what I need to say.

Io questo momento me lo immagino così. Punto primo: la musica. Una canzone rilassante, di quelle che non le stai molto a sentire ma sotto sotto ti emozionano, di quelle che quasi ti vergogni un po' ad averle, infati le hai nascoste tra gli mp3, in una cartellina sfigata che conosci solo tu. Dream About Me, di Moby, è un buon esempio. Punto secondo: gli altri. Non mi interessa che ci siano quelli giusti, o quelli fidati, non sono una compagnia di assicurazioni. Voglio la gente che vuole. Semplicemente. Perchè solo così si può essere sinceri: in mezzo a gente sincera. Punto terzo: il posto. Niente case, o luoghi chiusi. Meno che mai quei pub rumorosi, tutti di legno, con la cameriera che ha litigato col ragazzo e deve fartela pagare a tutti i costi. Preferisco il mare; anche Ostia, non chiedo la Sardegna. Mi bastano le onde, e quel sapore in bocca che ti lascia il sale, pronto a ricordarti in ogni momento che quella stessa acqua bagna Los Angeles, e Capo Verde. Poesia liquida, e basta. Punto quarto: l'ora. Niente tramonti, e niente albe. I primi sono così sputtanati che quando li vedi ti ricordi la pubblicità dei rotoloni Regina. Le seconde, quando le vedi sei sempre troppo stanco, e la stanchezza, si sa, non è amica della sincerità. Tra il giorno e la notte, poi, preferisco quest'ultima. Perchè è vero, il sole ti scalda la pelle, e fa sorridere. Ma il buio, cazzo, quello è capace di far piangere, così, quando meno te lo aspetti. Punto quinto: la durata. Poco. Due minuti. Alcune cose sono così semplici e così complicate, che farle durare di più serve soltanto a rovinarle. L'Amore, bhè: è una di queste. Quindi mi basterebbe poco. 120 secondi.
Per dire quello che ho bisogno di dire. Inizierei così, riesco ad immaginare anche questo.

"Io ho ventitre anni. Vedete, in alto, il cielo? Ormai da mesi, di notte, sto lottando con la luna."