La poesia è roba difficile, cazzo.
Voglio dire, con un romanzo la strada è tutta in discesa. Prendi quello che vuoi dire, lo piazzi in testa a qualcuno, lo muovi, gli dai un contorno credibile, lo allunghi per 200 pagine, e la formulina magica da i suoi porchi risultati.
Ma la poesia è diversa. Devi raccontare un mondo, una vita, una trama, un'esperienza, in quelle poche righe: e dare al tutto una forma musicale. Le emozioni non le esprimi più descrivendole: le fai provare direttamente al lettore, con le sillabe, con le consonanti, con i dittonghi. Le parole devono provocare sensualità, o paura, o amore, o delusione. Non te la cavi più con un bel paragrafo introduttivo, nel descrivere la rabbia del protagonista: ti sono concessi due aggettivi, non di più.
E' per questo che ci sono tantissimi autori famosi di romanzi, e così pochi autori famosi di poesia. Nel senso: di poeti è pieno il mondo. Ma chiedi a qualcuno di citare tutti i poeti che conosce: arriverà nemmeno a dieci.
Poi c'è quello che ci riesce. Che tu lo leggi, e già al secondo verso sei dentro al mopndo che ha creato e sei in grado di muovertici con disinvoltura. C'è quello che ti fa soffrire, o magari ti fa ridere. Non è facile, anzi. Ci vuole un'arte che hanno avuto in pochi, nella storia. Quei pochi che sono riusciti a trasportare perfino me, l'anti-poesia per eccellenza, il "solo prosa per favore".
Ho fatto un esperimento. Ho letto questa poesia, e subito dopo l'ho riletta di nuovo. Come mobili di una casa in cui sei già entrato, ma che ancora non è tua, alla seconda lettura le parole sembravano più normali, più accomodanti, ma erano ancora piene di quell'odore che senti solamente nelle case degli altri. Una cosa incredibile, a pensarci bene.
Che ti fa quasi male.
Fuggendo da te mi sono dato ad amici e vino,
perché dei tuoi occhi oscuri avevo paura,
e nelle braccia dell’amante, ed ascoltando il liuto
ti dimenticai, io tuo figlio infedele.
Tu però in silenzio mi seguivi,
ed eri nel vino che bevevo disperato ,
ed eri nel calore delle mie notti d’amore,
ed eri anche nello scherno che ti rivolgevo.
Ora rinfreschi le mie membra sfinite
e hai accolto nel tuo grembo il mio capo,
ora che dai miei viaggi son tornato:
tutto il mio vagare era un cammino verso te.
Herman Hesse - Alla Malinconia
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