13 febbraio 2008

Né secco né umido.

"Dal momento che lo chiede con tanta buona grazia, giovanotto, io le dico: con le disgrazie basta incominciare. E quando sono incominciate, non c'è niente che le faccia fermare, si estendono, si sviluppano come una merce a buon mercato e di largo consumo. L'allegria, invece, compagno mio, è una pianta capricciosa, difficile da coltivare, che fa poca ombra, che dura poco e che richiede cure costanti e terreno concimato, né secco né umido, né esposto ai venti, insomma una coltivazione che viene a costar cara, adatta a quelli che son ricchi, pieni di soldi. L'allegria va conservata nello champagne; mentre la cachaça tuttalpiú consola delle disgrazie, quando consola. La disgrazia è una pianta dal legno resistente; a ficcarne un germoglio nella terra, non c'è bisogno di occuparsene, cresce da sola, frondeggia e ne son piene le strade. Nel cortile dei poveri, poi, amico mio, la disgrazia nasce in quantità, non si vede altra pianta. Se un tizio non ha la pelle indurita e la schiena incallita con calli di dentro e di fuori, è inutile che ricorra agli encantados, non c'è ebó che tenga. E le dico un'altra cosa, mio bel signore, non per darmi delle arie né per lodare a tutti i costi i poveri diavoli, ma perché è la pura verità: non c'è che il povero che abbia razza e coraggio sufficienti a far fronte a tante disgrazie e continuare a vivere lo stesso."

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