17 novembre 2007
Il letto singolare
C'è un che di unico e perverso nello stare stesi in un letto singolo, nell'attesa dell'amante; la singolarità della superficie disponibile implica una rottura dagli schemi abituali, impreziosisce l'evento con tutta una serie di implicazioni: sul toccarsi dolcemente e senza scatti per non ondeggiare, sul guardare il proprio corpo colmare lo spazio un po' in penombra, sul sapersi nel sottile tra due vuoti ravvicinati. E' la posa di una vita in solitario, di un incessante fantasticare, è la rara e impeccabile vittoria della realtà in un mondo di sogni: e l'amante che si attende, che conquista! Ma di contro quello spazio così piccolo non lascia sfogo al sangue nelle vene, il tempo si addormenta insieme al cuore ed ogni istante di ritardo porta dentro la paura di un imprevisto dileguarsi. Nelle ampiezze ridottissime ecco un fiume di pensieri, c'è chi pensa al primo bacio, chi prepara cosa dire al dolce arrivo, chi s'impegna in fantasia per eccitare e divertire. Da che dipenderà tanta euforia? Probabilmente dall'amaro sapore di fuga insito in una simile collocazione: quell'intrigante ribadire che lo spazio va diviso rende gli amanti simili ad estranei che si incontrino, per la prima volta, in un albergo sconosciuto. Non si sfugge dall'assurdo di un simile percorso. Poi, pero, c'è tutto un ravvivarsi: quando infine arriva il primo percepirsi di un fruscio lontano e vivo a preannunciare che l'attendere è finito. La porta si apre a far entrare una lama di luce, religiosa vocazione di un santo immaginario; e tutto ciò che prima nascondeva immobilità si manifesta movimento. In quel turbine confuso rimangono a fuoco solamente il desiderio e l'autoaccusa: per essere stati così lenti, così vanitosi, così ciechi.
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