30 agosto 2007
Entropia.
Di sani e normali ne ho piene le palle, mi mancano menti malate; non dondolo. E dando le spalle a chi cura ti fisso (se sei solitario e distratto). Mi avvolgo in pensieri impazienti e di sensi ricolmo il cervello e la pelle. La scienza dei cerchi di sfere e di rette mi arreca un sorriso mi rende più grande nel dirti sicuro che non fa per me: so parlarti dell'altro e dell'immaginato. Alle sue geometrie preferisco la storia che è fatta dai pazzi e da zozzi rimpasti, non temo chi è falso o chi è frutto del fatuo, anzi! spesso mi affascina la fantasia; sono figlio di fragili appigli nel regno dei sogni: la veglia mi abbaglia, non passa un istante non perdo un secondo a contare a sommare a cercare i prodotti. Non riesco a dividere se poi non c'è un resto, 'chè quel che rimane mi brucia e sorprende; mi nausea pulire tanto poi si risporca, mi annoia lavare o rimettere a posto. Gli oggetti del resto dovrebbero stare lì dov'è più facile andarci a inciampare perciò lascio giù attento a non scivolarci; mi eccita accingermi a racimolarli (ma solo sapendo che poi cederanno di nuovo). Non cresco in altezza ma per diagonale poi curvo le braccia a formare trapezi ed incastro le dita a racchiudere il cuore, prezioso lo stringo per starti più accanto. Se vedo del chiaro è per via del disordine, te come me sei nel non parallelo. Per questo, laggiù, ci incontriamo di nuovo.
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