02 luglio 2007
La caverna.
Stanotte a un certo punto ho aperto gli occhi tutto a un tratto, avevo sete. Sono uscito dalla stanza e sono andato come al solito alla cieca fin davanti alla cucina; poi ho cercato con la mano per accendere la luce. Ho sfiorato con le dita nella zona dove so l'interruttore è sempre stato, ma con grande mia sorpresa ho sentito solo tutto liscio, era sparito e mi son costretto a stare al buio; sono entrato e sono andato verso il frigo. Ci ho sbattuto contro mano testa e piedi, la maniglia era più grande e poi la porta ben più dura! Ho tirato per aprire e non si è accesa alcuna luce, anzi dentro il buio era ancor più denso e in un istante il nero fuori era grigiastro al suo confronto. Poi non c'era quel bel fresco che dovrebbe dentro a un frigo: anzi, sotto alle caviglie si addensava un fumo caldo e vaporoso. Non capendoci un bel niente ho allungato la mia mano verso l'acqua, e che spavento nel sentire che al suo posto c'era il vuoto, nè scomparti nè gli yomo nè la mia bottiglia fredda! Era solo tutto caldo e tutto nero e senza forma, mentre ai lati c'era duro ed era il duro della pietra; ricordava un po' l'ingresso a una caverna. Come quando nei film horror gli succedono le cose più tremende e loro vanno nuovamente verso quella fine orrenda, così io mi son deciso e invece di tornare a letto sono entrato dentro il frigo, sarà stato il mezzo sonno lo scompenso o il tradimento per la mia bevanda persa. Mi son detto: "non succede tutti i giorni di trovarsi una caverna a pernottarti dentro casa", e non mi colpiva affatto la stranezza del soggiorno dietro al muro, che non c'era invece dentro al buio nero. Ho camminato tra gli sterpi e i sassolini, i piedi nudi doloranti ed arrossati, sempre attento con le mani verso avanti a non ferirmi a qualche spigolo, e non capivo se salivo se scendevo o andavo dritto. Dopo un po', sarà passato un quarto d'ora, ho sentito in fronte a me una cosa fredda a ostacolarmi. Ecco ancora una maniglia come quella abbandonata poco prima, e davanti un gran portone duro e scuro come il marmo; ho tirato e non si è smosso proprio niente, ecco allora che l'ho spinto e si è spostato, pochi passi ed ho sentito il suolo stabile di un bell'appartamento, un po' di luce che filtrava a illuminare fiocamente gli occhi miei ancora colmi di quel buio puzzolente. Non capendo dove fossi capitato mi son mosso, i passi scalzi ad attutir gli spostamenti. Sono uscito da una porta più normale, ed ho capito finalmente dove stavo: con stupore e un po' di cuore a far da filtro ho proseguito fino ad una stanza sola: ed ecco il letto dove mani sotto il capo ed occhi chiusi stavi tu, il fiato di chi dorme bene ma non troppo. Mi sono accorto che la notte era un po' umida e ti stavi raffreddando, così senza disturbare ho preso un velo di lenzuola da lì accanto, e le ho posate senza peso addosso a te per riscaldarti appena un po'; nemmeno un attimo e il respiro si è placato, ho capito ch'eri a posto e soddisfatto son tornato sui miei passi. Pochi metri ed un rumore di un adulto sveglio proprio lì vicino, son scappato in fretta e furia fin nell'antro misterioso, poi correndo son finito all'altra parte, ho spinto forte e son cascato a faccia avanti nella mia bella cucina. Senza fiato per la corsa e ancora mezzo spaventato sono andato verso il frigo per sentir di nuovo roccia e fumo caldo: ma ad aprire ecco la luce e i cibi vari, la bottiglia che sognavo congelata avanti a me. Son tornato a pancia vuota e a testa piena dentro il letto, mille vortici di idee lì a tormentarmi di sorrisi. Ho immaginato quello sguardo al tuo risveglio per la notte andata avanti un poco meglio grazie a me. E ho ringraziato la caverna: a collegarci col pensiero, nuovamente.
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