05 settembre 2005
Elbow - A Cast Of Thousand
Nessun compromesso, nessun intermediario, un solo manifesto artistico: "We still believe in love so fuck you". Questo ci dicono gli inglesissimi Elbow nel loro secondo e più famoso lavoro "A Cast Of Thousand", disco del 2003 che le mie orecchie hanno potuto scoprire, aggiungo PURTROPPO, soltanto qualche giorno fa...
L'opera non è facile: i suoni non sono facilmente digeribili al primo ascolto, perfino per un "Radioheaddish" come me, alcune cose restano ostiche anche ora. Ma non preoccupatevi, non ci troviamo di fronte alla solita complicazione costruita, finta, e pronta a stufare dopo tre ascolti. Qui le difficoltà di comprensione sono tutte da attribuirsi all'abilità compositiva del gruppo, che è riuscito a creare un sound tutto particolare, senza sfiorare neanche lontanamente la banalità e ponendosi in quel difficilissimo intermezzo tra originalità assoluta e colta rielaborazione.
Basta sentire la traccia iniziale, Ribcage, per accorgersi di essere di fronte a qualcosa di davvero interessante: ci mancavano quelle chitarre così "Blur-eggianti", e quanto sono belle accompagnate da questa strana sporcizia elettronica, degna perfino di qualche estratto di Amnesiac!! Ma ecco che attacca Fallen Angel, la seconda traccia (tra le più belle del disco), e ci sembra di sentire dei nostalgici Muse con qualche prodezza armonica in più, sempre mantenendo quel concetto di prendere spunto dal passato modellandolo sulle proprie possibilità.
Avete presente il "miracolo" Kasabian, di cui tutti hanno parlato quest'anno? Bhè, saltate alla quarta traccia di A Cast Of Thousand per capire che il loro soft brit-pop ballabile c'era già da prima, compreso di graffianti suoni elettrici: è proprio Snooks, questa quarta traccia, a convincerci ancora di più della bellezza di quest'album.
Poi le canzoni vanno avanti, e troviamo un pop dolcissimo come quello di I've Got Your Number, stupenda love-song che rivela molte sorprese nella seconda metà, e mille altre perle musicali degne di nota.
Tra tutte poi, naturalmente, l'inno che caratterizza il disco e lo fa balzare in avanti, tra i migliori: quella "Grace Under Pressure" a cui i Coldplay (lo ha rivelato lo stesso Chris Martin) si sono ispirati per la loro Fix You (e grazie alla quale il Venerdì di Repubblica li ha menzionati, facendomeli conoscere:-) )... Che dire, è bellissima, pur nella sua banalità (tre accordi, sempre quelli, banali, semplici)... da cantare a squarciagola, perchè ne vale la pena.
Cosa mi rimane? Il voto.
Dieci.
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1 commento:
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