Mi è capitata sotto gli occhi una rivista che, parlando dei recenti attentati di Londra, decretava che contro tali efferatezze l'unica via di uscita era intraprendere una "patriottica guerra culturale". E sopra, un enorme titolo rosso: "PATRIOT ACT".
Non la penso così.
Reputo il patriottismo uno dei grandi mali che affliggono l'umanità, al pari certamente del razzismo, delle religioni, dell'etica distorta, dell'ignoranza, della fame nel mondo e del calcio-mercato. Non riesco a credere che il rapporto con il proprio paese diventi un attaccamento affettivo e quasi sentimentale, quando non c'è niente di piu "umano", razionale e privo di intimismo di un confine geografico. Eppure in pochi la pensano così: i recenti risultati riguardo la costituzione europea manifestano una tendenza alla chiusura dei confini piuttosto che all'apertura. Ora: per quale motivo il fatto che io sia nato a Roma rende automaticamente lecito che io viva e lavori a Trieste, mentre un poveraccio che è nato a Tirana non può farlo? E ancora: perchè un italiano che vive da 50 anni in Perù può eleggere un parlamento che farà leggi per un paese in cui non risiede più, e invece una moldava che da trent'anni fa le pulizie in casa dei miei vicini non può decidere chi garantirà la sua pensione? Noto un revival delle guerre dinastiche medievali, dove l'Europa ha perso il suo fascino appena si è visto che non era un'opportunità per acquisire nuovo potere. Quello che so è che gli italiani sono un popolo troppo attaccato a una pseudo-cultura da modello televisivo, troppo umanistica e troppo poco razionale; a me piace invece qualcosa di diverso, di "più". Vedo l'immensità e la diversità che è fuori da qui e sono curioso, perchè la curiosità è l'anima e il motore di tutto, e soltanto una visione relativistica delle cose può portare a riflessioni oggettive. Forse sbaglio, certo, e mi concentro troppo sulla lunga distanza invece di apprezzare anche il piccolo che è intorno a me. Ma mi sembra che mettere a fuoco l'orizzonte perdendo magari soltanto un fiore in tutto il fango che mi circonda sia conveniente, e che la piccolezza della gente porti solamente al passato, e impedisca di osservare le cose con gli occhi del futuro.
E' palese. Le ristrettezze della mia mente mi consentono di riflettere solo per frasi fatte. Di mio, ci metto l'ordine in cui le dico.
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