Provai con una di quelle chatline telefoniche per vecchi depressi e soli, pensai che avrebbe potuto aiutarmi. Così sfogliai un quotidiano gratuito e scelsi la pubblicità con la ragazza più tettona di tutte. Si chiamava “La stanza di Lucy”. In una nota scritta in caratteri nanometrici venivano descritti i prezzi del servizio offerto. Tra tasse, scatti alla risposta e concessioni governative ministeriali avrei certamente risparmiato a chiamare una sconosciuta in Burkina Faso.
“Pronto chi parla?”, mi rispose una voce calda e sensuale.
“Ciao.”
“Ciao bello. Da dove chiami?”
“Da casa.”
“Dal tuo lettone caldo?”
“No. Sono le cinque del pomeriggio, non sono a letto.”
“Io sono tutta eccitata.”
“E perché mai? Stai parlando con uno sconosciuto al telefono.”
“Sei un bel maschione, vuoi cavalcarmi tutta?”
“Sono molto triste…”
“Io ti renderò felice.”
“No!”
“…”
“Ma non ti rendi conto di quanto è triste tutto questo? Porca puttana.”
“…Niente offese, però...”
“Non ti chiami Lucy vero? Come ti chiami?”
“Preferirei non dirlo. E modera i toni, bello.”
“Allora ti chiamerò Lucy. Ascolta Lucy, leggevi i fumetti da piccola?”
“…”
“Sì, li leggevi. Ricordi per caso quel personaggio che andava vestito di rosso ed era fatto di gomma, poteva allungarsi quanto voleva e salvava il mondo?”
“…Mister Plastic?”, disse con una voce flebile e quasi impercettibile.
“Bravissima! Ecco, ricordi cosa succedeva a Mister Plastic quando accadeva qualcosa di brutto alla sua famiglia o ai suoi cari?”
“…”
“Non lo ricordi. Mister Plastic salvava sempre il mondo. Però quando accadeva qualche disgrazia ai suoi cari lui si scioglieva, come la gomma sotto a una fiamma. E finché la sua famiglia non stava di nuovo bene non riprendeva forma.”
“…”
“I suoi amici lo sapevano ovviamente, perciò quando lo vedevano in quello stato invece di dare una mano a lui correvano a salvare i suoi cari.”
“Perché mi stai raccontando tutto questo?”
“Lucy io ho fatto delle cose orribili alle persone a me più care. Ed ora mi sono sciolto, come Mister Plastic, e non riesco più a fare niente per rimediare.”
“…”
“Dimmi qualcosa, almeno tu.”
“Sai. La vita ti sorride.”
“A me non pare.”
“Eppure la vita ti sorride, bello. Solo che la guardi da troppo lontano: e ti sembra una smorfia.”
Lucy scalò la classifica delle dieci persone più inaspettatamente intelligenti che abbia mai conosciuto. Superò anche il panettiere di mia nonna. Non era roba facile. Quel tizio aveva risolto un sudoku in novantatre secondi netti.
21 aprile 2008
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