19 novembre 2006

Caos Calmo

" - Claudia! - grido, e lei si ferma. Le faccio cenno di tornare indietro, e lei viene. Anche la sua amica Benedetta si è fermata, ma non la segue, mentre la madre, Barbara, mi fissa, e io le sorrido. Ed eccola qui, Claudia, con l'aria interrogativa di chi si aspetta chissà cosa. Perchè l'ho richiamata? Mi chino e le do un bacio in fronte, ma è evidente che non è abbastanza per giustificare il mio impulso. Perchè l'ho richiamata?
- Io ieri sono rimasto davvero tutto il giorno qui fuori, stellina - mi sento sussurrarle.
Lei sgrana gli occhi
Già. Ma nemmeno questo è abbastanza. Il magone non si è sciolto.
- E sai una cosa? - aggiungo - Ci resterò anche oggi. Tutta la giornata. Fino a quando esci. Qua fuori.
Ora è abbastanza. Claudia incassa la notizia con eleganza, senza scomporsi, ma la sua espressione è stupita, piacevolmente stupita. Si volta verso la sua amica. Poi torna a guardare me.
Stupita.
- Perciò - riprendo, sempre sottovoce - durante la ricreazione da' un'occhiata fuori dalla finestra. Io sarò lì giù.
Le do un altro bacio in fronte e mi alzo in piedi. Ho letto da qualche parte che i genitori europei, a differenza di quelli americani, non usano mai l'accortezza di chinarsi quando parlano con i loro bambini: non so se è vero, ma comunque sia io l'ho sempre fatto, mi sono sempre chinato per parlare con mia figlia. Mi è sempre venuto spontaneo. Claudia alza il capo e non dice niente, ma mi accarezza la mano in modo così delicato, e languido, e perfetto, che da sola questa carezza vale tutte le parole che non ha detto. Poi si volta e se ne va, raggiungendo Benedetta, per farsi ingoiare insieme a lei dal ventre buio del grande corridoio ormai vuoto.
Ecco fatto. Ecco cosa mi ha svegliato così presto, stamattina; ecco cosa avevo in mente. Restare anche oggi davanti alla scuola. E il magone non c'è più.
Torno alla macchina e chiamo Annalisa, la segretaria, in ufficio. Annalisa, resto anche oggi davanti alla scuola. Pausa. Annulla gli appuntamenti, girami le telefonate sul cellulare, vieni qui a portarmi i documenti da firmare, che è una bellissima giornata. Pausa. Le do l'indirizzo. A dopo. Stop. Che sbigottisca, davvero.
Mi rimetto a guardare in su, la grande finestra al secondo piano, la terza da sinistra. Le nove e cinque. Mi chiedo se Claudia abbia già guardato fuori, senza vedermi perchè ero al bar. ma se non ha visto me deve comunque aver visto la macchina, e appena potrà guarderà di nuovo. Mi sento tranquillo, su questo: Claudia si fida di me. Stavolta gliel'ho detto seriamente, e lei mi ha creduto. Mi guardo attorno, appoggiato alla macchina: il vigile urbano, il pakistano che pulisce i parabrezza, gli uccellini che cinguettano, poche macchine, pochi passanti, due ragazzi che si baciano sulla panchina dei giardinetti. Come ieri, la sorprendente, bucolica tranquillità di questo punto del mondo mi rassicuro, anche se dentro di me continuo a percepire un tumulto, o meglio l'eco di un tumulto: una specie di agitazione lontana ma non lontanissima, come sembrano lontani ma non lontanissimi i rumori del traffico, là sotto, che quassù arrivano attutiti, morbidi, ma arrivano. Caos calmo, penso: come in tutti i genitori ieri pomeriggio all'uscita della scuola, come ogni momento nell'animo di tutti i bambini del mondo. Solo che adesso lo penso per me, per questo stallo che continua a salvarmi dalla sofferenza di cui tutti, tutti quanti mi immaginano preda, e ancora così non è. E' un caos calmo, sì, quello che ho dentro. Un caos calmo.
I due ragazzi sulla panchina continuano a baciarsi, beatamente. A che ora sarà la ricreazione?"

Sandro Veronesi
tratto dal libro più bello dell'anno

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