09 ottobre 2006

I don't shine if you don't shine

Sono giorni ormai che non sospiro più. Mi incazzo con me stesso, per questo. Mi spiego le mie motivazioni e non mi capisco proprio, e questa cosa mi rende davvero nervoso. Possibile che quando mi parlo mi fodero le orecchie in questo modo? Mi accorgo però di alcune cose, che sembrano lontane, e che invece sono la realtà; è così imbarazzante.
Nel ventunesimo secolo abbiamo risolto alcuni problemi in modi che oserei definire bizzarri. Oggi le dinamiche più semplici, come baciare una persona, guardarla negli occhi, odiarla: diventano le più complicate; le cose naturali, sono le più artificiali. Mi sembrano complicazioni inutili: come se uno compra il burro, legge tra gli ingredienti, e ci trova cose tipo "Betamenzilene destrutturato", e, appena più sotto "Può contenere tracce di formaldeide". Cazzo, il burro è il burro. l'amore è l'amore. E se ti guardo per un'ora, non pensare a una macchia sulla maglietta: vuol dire che ti amo.
Per rendere il tutto ancora più falso, poi, non ci siamo fermati qui. Abbiamo giocato ancora un po', creando un mostro: la divisione in categorie. Abbiamo ghettizzato l'universo, inscatolando l'essere umano in modelli preconfezionati, artificiali, inumani: se voglio incontrare un certo tipo di persone vado in quel pub, se voglio incontrarne un altro tipo vado in quella discoteca, se voglio vedere gente strana vado lì, se voglio vedere gente normale vado là. Abbiamo bruciato il colpo di fulmine, e l'estasi che si prova nel guardare qualcosa di nuovo. Abbiamo coniato parole nuove o usato parole vecchie: ecco il coatto, il pariolo, il fighetto, la zecca, lo sfigato, il periferico, il frocio. E per ognuna di queste categorie ecco nata un'industria nuova di zecca: con macchine solo per parioli, discoteche solo per coatti, pub solo per froci, zaini solo per sfigati, centri sociali solo per zecche. Chi è in un gruppo disprezza chi è nell'altro, e le caste si assottigliano sempre di più, roba che pure in india l'hanno superata, ormai. Tra poco i pariolini che hanno una lieger si riuniranno in posti diversi da quelli che hanno la smart, e così via. Fino a restare da soli, chissà.

Mi piacerebbe la sorpresa, invece: incontrare una stranezza nella normalità, o l'omologazione nel diverso. Mi piacerebbe andare in un luogo che non è nessun luogo, in una stanza senza titolo. Mi piacerebbe la visione che non ti aspetti, quella di cui ci hanno privato, perchè ormai è tutto prevedibile, tutto già deciso.
Mi piacerebbe sospirare per te, senza averti già pensato.

Mi piacerebbe incontrarti in un posto dove non c'è nient'altro di bello: perchè così risplenderesti.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

per tutti questi motivi dovresti stupirti e gioire delle cose più semplici e troppo spesso date per scontate.

nothing shines if you don't let it shine.

fK ha detto...

bhè ma molto dipende dal periodo, no? ora sono in un momento in cui non "sospiro" davvero, sarà la delusione o l'abitudine o pure un po' di disillusione: ma chissà in futuro! Del resto, in passato, cazzarola, quanto ho sospirato e gioito e mi sono stupito:-)!

Anonimo ha detto...

disilluso?
parliamone!

io tengo corsi pomeridiani e serali sull'argomento!

;-)