Nella notte mille e seconda mi risveglio in un abuso di pazienza. Sono stanco, piango lacrime, poi rido di me stesso. Sconvolto dal mio sogno getto indietro ciò che è stato e cambio idea: sulla gente, sulle cose e la realtà. "Io Ti ringrazio o mio Signore Santo e Altissimo" ripeto, giunto infine a realizzare nel concreto questi piani. "Tutto è giusto se è da te per te e con te che prendo quello che mi è dato" esclamo al cielo. Vedi, tu che stai leggendo puoi capire, noi figli di Dio e fratelli d'uomo non sappiamo se restare o dove andare, ogni scelta è una tortura che dovremmo risparmiarci. Io rinuncio d'ora innanzi alla saggezza, ad ogni bivio, alla follia del dire "questo" o dire "quello": tieni Tu il libero arbitrio o Sommo Altissimo, per me è solo un serpente che si nutre con la carne della coda. Non è forza o libertà l'avere forza o libertà: la vera gioia è nel sapere che si può anche non sapere. Perchè tutto è già accaduto nel passato, ed il futuro che mi dava turbamento solo ieri è già deciso; e nulla vi è al di fuori della grazia del Creatore. Con stupore osservo gli altri, così tristi ed affannati nel tentare di decidere una strada. Mi concedo un mutamento di opinione: dal deriderli convengo nel guardarli indifferente, non c'è modo di convincerli. Io so che è tutto quanto nella fisica del cosmo, che le leggi non s'infrangono, e che loro arriveranno a ciò che adesso io conosco solo se il futuro scritto lo prevede. Riservo queste righe a chi già sa e legge il già letto: perchè dietro l'orizzonte sono già nuovi orizzonti, figli e padri del presente.
Nella notte mille e terza divento tutto ciò che è stasi. Infine scopro il velo che nasconde l'entropia e la lascio andare. Regalo la vita agli ignoranti, io sono morto.
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