27 dicembre 2006

A mia madre

In te sono stato albume, uovo, pesce.
Le ere sconfinate della terra
ho attraversato nella tua placenta,
fuori di te sono contato a giorni.

In te sono passato da cellula a scheletro,
un milione di volte mi sono ingrandito.
Fuori di te l'accrescimento è stato immensamente meno.

Sono sgusciato dalla tua pienezza
senza lasciarti vuota
perchè il vuoto l'ho portato con me.

Sono venuto nudo,
mi hai coperto
così ho imparato nudità e pudore,
il latte e la sua assenza.

Mi hai messo in bocca
tutte le parole a cucchiaini,
tranne una: mamma.
Quella l'inventa il figlio
sbattendo le due labbra,
quella l'insegna il figlio.

Da te ho preso le voci del mio luogo,
le canzoni, le ingiurie, gli scongiuri,
da te ho ascoltato il primo libro
dietro la febbre della scarlattina.

Ti ho dato aiuto a vomitare,
a friggere le pizze,
a scrivere una lettera,
ad accendere un fuoco,
a finire le parole crociate,
ti ho versato il vino e ho macchiato la tavola,
non ti ho messo un nipote sulle gambe
non ti ho fatto bussare a una prigione, non ancora,
da te ho imparato il lutto e l'ora di finirlo,
a tuo padre somiglio,
a tuo fratello, non sono stato figlio.

Da te ho preso gli occhi chiari
con il loro peso,
a te ho nascosto tutto.

Ho promesso di bruciare il tuo corpo
di non darlo alla terra.
Ti darò al fuoco fratello
del vulcano
che ci orientava il sonno.

Ti spargerò nell'aria dopo l'acquazzone
all'ora dell'arcobaleno
che ti faceva spalancare gli occhi.

Erri De Luca

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