09 giugno 2006

Racconto.

Per un momento è tutto buio. Torna la luce e scopro che una ragazza si è seduta proprio davanti a me. Neanche mi sforzo per capire come abbia fatto ad apparire lì, i neon sono rimasti spenti davvero per un attimo. La osservo discreto attraverso lo spazio tra i sedili, ha una ciocca di capelli viola e un piercing sul naso, di quelli piccoli, che brillano. Mi viene da pensare a una discussione fatta tempo prima, con quel mio amico; sosteneva che il piercing sul naso rende le persone volgari. Non gli ho mai creduto, lo giuro. Percepisco una rapida occhiata all'indietro, subito distolgo lo sguardo, ma tanto lo so, non sono bravo in queste cose. Ora chissà cosa penserà di me, che sono un maniaco forse, che voglio stuprarla in bagno.
Passa la hostess col suo piccolo carrellino, chiedo una Coca Cola ma mentre me la passa già sono pentito del mio gesto. Un venticinquenne che beve Coca cola non ha speranze, la ragazza davanti mi crederà troppo infantile, troppo piccolo.
Mentre bevo lei si alza, ecco, vuole cambiare posto, le ho dato fastidio. Una rapida occhiata verso di me, accenna un sorriso. Perplesso, non faccio in tempo a risponderle. La vedo entrare in bagno. Sono sollevato: tornerà.
Mi chiede se può sedersi accanto a me. E' italiana anche lei. Io annuisco e provo a sorriderle, un tentativo di rimediare alla freddezza di prima. Dal suo sguardo capisco che il sorriso non dev'essere venuto molto bene. Ora non vorrà più sedersi accanto a me, inventerà una scusa qualsiasi e tornerà da dov'era venuta. Invece si siede e comincia a parlare, vuole sapere cosa facevo a Parigi; mi vergogno a dirle che ero lì per un concorso, mi invento un vecchio amico in erasmus, non ci crederà mai. Scopro che suo padre è francese, quando era piccola lui aveva lasciato lei e la madre a Roma ed era tornato nel suo paese. Due o tre volte all'anno lei lo va a trovare. Lui non viene mai, invece. Non èmai più tornato in Italia. Dice sempre che gli fa troppa rabbia, un posto così bello trattato così.
Quando le dico che nella vita suono il violino si interessa moltissimo. Mi domanda di tutto, quando ho iniziato, quante ore suono al giorno, cosa si prova a stare sul palco davanti a persone assetate della tua musica. Faccio fatica a risponderle, ho paura di annoiarla, ora andrà via pensandomi pazzo. Rimane, e sembra non smettere mai di chiedere. Forse avrebbe continuato per sempre, ma gli altoparlanti parlano con la voce grave del capitano, stiamo atterrando. Non ho mai sentito un pilota con la voce acuta. Sarà un requisito, chissà. Mi saluta e torna al suo posto, non la rivedrò mai più, lo so.
Mi preparo ad aspettare ore, sono davanti al nastro trasportatore che dovrebbe fagocitare il mio bagaglio, c'è solamente uno zaino sopra, conto le volte che mi passa davanti, cinque, dieci, venti. Dopo quaranta minuti e ventisette giri compaiono finalmente altre valigie. Ecco anche la mia, mi avvicino per prenderla quando vedo la ragazza con il piercing correre verso di me. Mi urla di portarle quella borsa viola sul nastro, appena davanti alla mia. Rimango per un momento stordito dall'incredibile uguaglianza tra la sua ciocca di capelli e la tinta della valigia.
Vorrei chiederle il numero, ma so che inventerebbe una scusa per non darmelo quindi evito l'argomento; usciti dall'aeroporto ci salutiamo, e lei mi chiede il numero, così possiamo rivederci. Così ci risentiamo, dice. Ci scambiamo i cellulari e lei è già lontana, su un taxi.
Arrivo a casa e tiro fuori il violino, comincio a suonare quando sento vibrare, mi è arrivato un messaggio. E' lei. Sicuramente avrà perso qualcosa e sarà convinta che sono stato io a rubarlo, non posso essere così sfortunato. Lo leggo. "Mi piacerebbe sentirti suonare. Una volta, suona qualcosa per me." Penso che tutto questo è incredibile. Migliaia di persone pagano per i miei concerti, per sentirmi suonare, ogni settimana. Migliaia di persone comprano i miei dischi. Le riviste pubblicano recensioni entusiaste delle mie esibizioni, sono acclamato ovunque.
Ma nessuno, prima d'ora, mi aveva mai chiesto di suonargli qualcosa. Sorrido, con il cellulare in mano.

Mentre premo su "rispondi", penso che non so neanche come si chiama.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

questo potrebbe essere uscito dalla mia testa...

fK ha detto...

eh ma è difficile sapere dalla testa di chi, considerando che sei anonimo:-)!!