07 marzo 2008

Ti saluto così.



Non avere dubbi, stavolta questo post è per te.
Ti saluto così.
Perchè chissà se quando tornerai sarò ancora qui.
Perchè chissà se è un addio.
Perchè beh, sarebbe brutto, è ovvio.
E sarebbe anche triste, l'ultima volta che ci siamo visti eri su una metro, e lo sai meglio di me che con i treni non si scherza, quando vanno veloci è capace che non tornano più indietro e chissà i binari dove vanno a finire, così vicini ma così stupidi da non toccarsi mai, proprio come noi.
Ti saluto così, comunque, e chissà se è un addio.
Perchè beh, sarebbe brutto e anche triste, è ovvio.
Ma non importa.
Perchè quel giorno sulla metro: sorridevi.

06 marzo 2008

Wonderful life

Una notte sognai che la polizia sfondava la porta del mio appartamento, che non era il mio appartamento ma era un palazzo gigantesco con tutti quadri scuri e spaventosi ai muri perché nel frattempo io avevo fatto i soldi alle spalle dei miei amici che erano tutti morti per colpa mia mentre io ero diventato ricchissimo, e insomma irrompeva nella mia lussuosa stanza dove mi trovavo a dormire in uno di quei letti enormi come quelli di Zio Paperone nei fumetti. Poi mi arrestavano per frode e tradimento e mi gettavano in una prigione e nel pavimento sporco c’erano resti di ossa umane, e da un buco spuntavano due ratti enormi che cominciavano ad avvicinarsi sbavando e osservandomi con gli occhi iniettati di sangue, e alla fine proprio mentre mi stavano saltando addosso mi svegliai. Prima di riuscire ad addormentarmi di nuovo dovetti farmi fuori tre Tennent’s, le trangugiai quasi senza respirare. La terza era anche calda. A me la birra calda fa schifo.
La mattina uscii di casa e passai due ore ad alitare sulla vetrina di un negozio chiuso. Prendevo un respiro, poi soffiavo l’aria calda fino a formare una nuvola di condensa, ci scrivevo con il dito la parola “stronzo” ed aspettavo che scomparisse. Mi faceva sentire meno sporco. Più pulito. Che è la stessa cosa, sempre matto sembravo.
Andai all'ospedale sperando che almeno lei potesse aiutarmi ma per la prima volta da quando era lì non mi fecero entrare. Dissero che l’orario delle visite era terminato e che: “deve tornare domani”. “Domani?”. “Domani”. “Potrei essere morto, domani”. “Se si sente male non si faccia problemi a tornare”. Senza parole, i medici.
Scrissi un messaggio, “mi dispiace ma non possiamo andare avanti così”, lo osservai per altre due ore aleggiare sullo schermo del telefonino. Poi lo cancellai senza inviarlo. Avevo in testa una classifica tremenda. I giorni più brutti della mia vita.
3. L’altro ieri
2. Ieri
1. Oggi
Alla radio passavano "Wonderful life". Questo lo ricordo perfettamente.

05 marzo 2008

Il piano B

Mi sveglio in fretta e furia e non ho niente. Né denaro, né potere, né amicizie altolocate. Cerco in fretta un piano B. Mi siedo a un tavolino per riempire bocca e idee, "un cappuccino molto scuro, grazie mille", "molto scuro?" mi rispondono, "sì scuro, già di latte ne ho abbastanza", "tu sei matto!", "e lei è bravo, il cappuccino è tra i migliori che abbia preso", che conversazioni surreali di mattina col barista. Esco sveglio, aspetto il bus e guardo fuori mentre piove, tra le nuvole c'è l'ombra di un bel sole che mi aspetta. Mi incammino per la strada, c'è quel solito zig-zag tra i bisognini, non mi accorgo e sbatto addosso a una signora con un lungo abito blu. "Ma stia un po' attento, la miseria!", "Dio signora lei è stupenda, che vestito straordinario" e mi sorride e mi ringrazia e mi accarezza sulla testa, "sei un tesoro e ti vorrei come nipote!", che bellezza! Arrivo infine in facoltà, nella guardiola c'è una persona conosciuta: il bidello legge City con l'espressione già annoiata, poverino, molte ore deve stare, molte ore. "Come va?" esordisco io, "eh, tutto bene, sono solo molto stanco del lavoro", "hai ragione, mi dispiace", "ho ragione, e mi dispiace pure a me", "perchè non pensi ad un romanzo, sai con tutte queste faccie che ti vedi camminare avanti agli occhi puoi inventarti mille storie di avventura", "ma sei un genio, fossi donna mi ti sposerei domani!", rido e vado, lui è felice. Ecco il rito dei saluti con gli amici, "solo adesso ti presenti?" dicon tutti, guardo l'ora ed è tardissimo, dovrei già lavorare, come mai la sveglia suona quando è giusto ed io mi alzo che è sbagliato? "Beh sapete, stamattina ho avuto un po' di strani affari, pulizie, parenti incinti, discussioni sul colore del parquet nel salottino di mia nonna"; la sigaretta sta finendo e l'attenzione passa oltre, parliamo un po' delle elezioni, ridiamo un po' dei professori, piangiamo un po' del tempo perso e degli esami senza fine. E poi sto qui, la mente lucida, e i giochi ancora aperti. Il piano B, che è quello di chi non ha niente, starebbe andando a meraviglia. Se non fosse che mi squilla il cellulare, due minuti, tre parole, ed un segnale in gsm che mi sento sulla lingua. Che prodigio. E allora passo al piano A, quello in cui ho tutto. E non ho niente, non ho niente, non ho niente che mi manchi.

02 marzo 2008

Sigarette al caffè

Di tempo ne ho sempre avuto poco, nella vita. Mille cose. Troppi programmi. Roba che fosse per me inventerei le sigarette al caffè, due in uno, ogni mattina dieci minuti in meno.

Poi il tempo lo trovo però.
Per certe cose.
Che bastardo figlio di puttana.