22 luglio 2006

How can you have a day without a night

You're the book that I have opened
And now I've got to know much more

Like a soul without a mind
In a body without a heart


I'm missing every part

I'm missing every part

I'm missing every part

I'm missing every part

I'm missing every part

18 luglio 2006

Un dolore a cui sono abituato


Una settimana. Ancora una settimana di libri e panini, prima del mio ultimo esame della sessione. Prima di dimenticare come sono disposte le lancette dell'orologio prima di mezzogiorno. Ancora pochi giorni e anch'io entrerò in questa strana estate, che si prospetta in due modi. Drammatica, o perfetta. Senza mezze misure. Non è quello che sarà fuori a farmi pendere verso l'una o l'altra cosa: il sole, il mare, il letto; cosa c'è di drammatico? E' quello che ci sarà dentro di me: critiche urgenze che attendono risposte. Intanto conto i giorni, con quel misto di meraviglia e angoscia, quando sei consapevole che poi, quando non avrai più nulla da fare, il tempo sarà tutto più tuo. Ieri sera, l'olimpico, e i depeche. Un assaggio d'estate per farmi godere emozioni incredibili, ma anche per farmi pesare ogni secondo di questa settimana un po' di più. Una serata perfetta, che ha ribaltato i miei orizzonti: un tempo non credevo che un intero stadio potesse ballare. Oggi il libro di elettronica parlava un'altra lingua, quella degli angeli, e cantava, anni '80, come un vecchio pazzo. Lo studio non è stato proficuo. Vedremo domani, quando sarò a meno sei, quando il cuore e la mente saranno ancora più vicini.

17 luglio 2006

Come una voce insistente

Sento come una voce insistente. Da qualche giorno. All'inizio era difficile tramutare il pensiero in parole; poi così, per caso, sono andato a trovare un testo dei Sigur-Ros, tradotto in inglese. E' Svefn-G-Englar.
Sono le mie parole. Vorrei urlarle.


I'm Here Again
Inside You
It's So Good Staying Here
But I Stay A Short While

16 luglio 2006

Beirut.

1.


2.

Di fronte all'orrore ogni parola è un post-scriptum.

Hush, Hush, Hush

"Acqua in bocca, parlare è peccato" canta Robbie, che sembra avere sempre ragione, sarà la coca a tenerlo così in forma. Oggi parlare è peccato. Peccato più o meno grave; da qualche parte, per qualche motivo, è perfino peccato capitale. C'è chi muore per poter dire una parola, e chi vive perchè è riuscito a dirla. Viviamo nella società dei duepunti-trattino-parentesi, in un mondo in cui il sorriso vero è a pagamento, neanche fosse sessogentilmente offerto da una puttana. La gente mi fa pensare a dei soldati, così ipocriti da mettere il silenziatore ai loro fucili di guerra: come a nascondere nelle frasi fatte la crudeltà dei loro gesti, meritevoli soltanto di silenzio. Il telegiornale è prevedibile, scontato: mai una volta che un politico non dica quello che ci si aspetta da lui; le opinioni sono acqua passata, oggi la politica si fa con i sondaggi, quelli via sms, quelli nati per decidere se la protagonista di Cento Vetrine doveva o no darla a quello con gli occhi azzurri. I giornali sono sempre uguali, cambiano i nomi, e spesso neanche quelli. Mai un ladro non extracomunitario, mai un pedofilo con la faccia dolce, mai uno scienziato coi capelli corti. Le email hanno sostituito le pizzate con gli amici, e la chat ha superato la nobile arte del rimorchio in discoteca. Se hai un'idea, tienila per te. Oppure prova, raccontala, come in tanti hanno provato: se hai fortuna vieni emarginato dal gruppo immediatamente; se sei sfortunato, invece, l'emarginazione è lenta, dolorosa, e piena di vergogna. Se proprio non puoi fare a meno di dirla, allora devi mediare, comprometterti, cambiare: smussare la tua idea fino a renderla compatibile con l'opinione pubblica, con la media. Nel mondo di oggi l'onestà intellettuale è un privilegio destinato agli uomini soli. Ci stiamo sputtanando così tanto che non meritiamo neanche la mediocrità, quella è per pochi, che ancora non l'hanno persa. La massa ci inghiotte e il rumore è così assordante che ci dimentichiamo di parlare, ma se non parla nessuno, da dove verrà mai tutto questo casino?
Le idee sono così rarefatte da bruciarti gli occhi quando ne vedi una: tra poco, le useranno come armi.