15 febbraio 2008

Lezione 21 di Baricco - Trailer

Mancano ancora parecchi mesi all'uscita di Lezione 21, il primo film scritto e diretto da Alessandro Baricco. Eppure la Fandango, che lo produce e distribuisce, ha già fatto uscire il (primo di una lunga serie?) bellissimo trailer, a iniziare una campagna pubblicitaria che, lo scommetto, sarà ampia e insistente.
Quasi esattamente un anno fa (il 12 Febbraio 2007) usciva nelle agenzie stampa la notizia che tutti aspettavano da tempo: Baricco ufficializzava il suo ingresso in prima persona nel mondo del cinema, e lo faceva in grande stile, proponendo un lavoro che già dalle prime note di produzione appariva controverso e articolato.
Oggi le prime immagini che finalmente approdano sui nostri schermi non fanno che alimentare l'attesa, e già immagino le prime scandalizzate reazioni dei critici più accaniti. Del resto il tema centrale del film non è di facile digestione anche per i meno puristi: un professore universitario, direttamente preso da quel capolavoro letterario che è City, si interroga sulla genesi della Nona Sinfonia di Beethoven, chiedendosi se la sua importanza storica ne rispecchi le effettive qualità artistiche. Una mattonata inflitta al cuore della storia (e non soltanto della storia della musica, quindi). Roba pesantina.
Io nel frattempo mi godo questi spezzoni, Baricchiani fino all'inverosimile. Già dalla scelta delle ambientazioni, dei costumi, dei personaggi, appare evidente come lo scopo principale del regista sia quello di lasciar filtrare su pellicola le atmosfere che lo hanno reso famoso come scrittore. Atmosfere che più di una volta mi hanno fatto sognare, e mi hanno trascinato in territori della mia fantasia a me stesso sconosciuti.
Se questo post fosse un Western, a questo punto dovrei dire:

Musica.



[now you decide who won and who lost, that evening]

14 febbraio 2008

Better than all the matter in the universe combined



you are.

happy valentines.

13 febbraio 2008

Uomo in mare

Tutto scorre, dicevano i Negramaro. E anche qualcun'altro prima di loro, credo. Tutto scorre e tutto cambia e così capita che ti svegli la mattina con un nervoso pazzesco perchè devi andare all'università a fare cose che non vuoi fare. E la metro è piena, poi c'è il casino e il traffico, insomma un disastro. E l'iPod è scarico. Grazie a Dio arrivi in facoltà e trovi un sacco di gente e passi la giornata a dire cazzate, a scherzare e ad ascoltare musica pop. Pop spinto, mica robetta. Così quando è ora di pranzo ti dimentichi perfino del dolore alla guancia e mandi giù il tuo solito panino con salame e carciofini, che ti sembra ottimo, oggi, sarà il salame. Il pomeriggio nemmeno te ne accorgi e è già passato. Ti senti la febbre e pensi che cristo, l'hai scampata per tutto questo tempo, mica ti sarai fatto fottere proprio ora no? E così decidi di tornare a casa, solo che non ti va di sballottarti troppo e quindi prendi l'autobus al posto della metro, che poi per arrivare a casa devi cambiare tre autobus diversi quindi il ragionamento del non sballottarsi troppo non fila, ma tu non sei mai stato bravo con i ragionamenti che filano, mai. E quindi cambi il primo, e poi il secondo, e quando stai aspettando il terzo ti accorgi che forse hai un sonno micidiale perchè le sei di mattina dell'altra sera si sentono ancora tutte, e devi recuperare. Quindi monti sul bus ma sai che non resisterai a lungo. Trovi perfino posto a sedere, e hai caricato l'iPod tutto il giorno quindi puoi sentirlo e metti su i Coldplay, e poi l'autobus parte e tu, con la testa posata tra braccio e finestrino guardi fuori qualche istante e chiudi gli occhi. E tutto scorre e tutto cambia. Te ne accorgi da qualcosa che è nell'aria, spegni la musica e ti rimetti l'mp3 in tasca, stai attento ad ascoltare, di quell'attenzione tutta fatta di sfumature, e dettagli inafferrabili. Ecco che il suono dell'autobus non è più autobus, ma è il confortante rumore di un fuoribordo Honda 25 cavalli mezzo sfondato. Ecco che il brusio non sono gli altri passeggeri ma sono pescatori che ritornano da una giornata di lavoro, e quell'odore un po' schifoso non è benzina: ma è nafta. Ecco che le buche sulla strada diventano onde, e i motorini distratti sono turisti indaffarati a scappare in un altro posto, lo sguardo che si posa appena sulle cose, già pronto per altre meraviglie. Tu sai benissimo che quel rumore lì, quel mix di suoni, è la cosa più bella che tu abbia mai sentito, e che ogni volta che lo senti di nuovo ti prende un brivido. Quindi non ti sorprendi se per un momento inizi a tremare. Non è il freddo di Roma, perchè addosso hai tutto il caldo del Mare.
Poi devi scendere dall'autobus e tutto il casino ti sveglia e sei di nuovo a piedi e ora stai tremando davvero per il freddo. Ma solo in quel momento ti accorgi che in quel sogno, in quella barca, bhè. Non eri solo.

Né secco né umido.

"Dal momento che lo chiede con tanta buona grazia, giovanotto, io le dico: con le disgrazie basta incominciare. E quando sono incominciate, non c'è niente che le faccia fermare, si estendono, si sviluppano come una merce a buon mercato e di largo consumo. L'allegria, invece, compagno mio, è una pianta capricciosa, difficile da coltivare, che fa poca ombra, che dura poco e che richiede cure costanti e terreno concimato, né secco né umido, né esposto ai venti, insomma una coltivazione che viene a costar cara, adatta a quelli che son ricchi, pieni di soldi. L'allegria va conservata nello champagne; mentre la cachaça tuttalpiú consola delle disgrazie, quando consola. La disgrazia è una pianta dal legno resistente; a ficcarne un germoglio nella terra, non c'è bisogno di occuparsene, cresce da sola, frondeggia e ne son piene le strade. Nel cortile dei poveri, poi, amico mio, la disgrazia nasce in quantità, non si vede altra pianta. Se un tizio non ha la pelle indurita e la schiena incallita con calli di dentro e di fuori, è inutile che ricorra agli encantados, non c'è ebó che tenga. E le dico un'altra cosa, mio bel signore, non per darmi delle arie né per lodare a tutti i costi i poveri diavoli, ma perché è la pura verità: non c'è che il povero che abbia razza e coraggio sufficienti a far fronte a tante disgrazie e continuare a vivere lo stesso."

10 febbraio 2008

Atrio

Mi fermai un momento nell’atrio dell’ospedale, ad ascoltare una conversazione curiosa. Una madre, con lo sguardo di chi ha rischiato di perdere l’universo e lo ha protetto e riafferrato in un baleno, parlava con un’infermiera giovane e appagata dal suo lavoro eroico: la voce della signora era distratta, le domande e le risposte erano affrettate e fuori tema. Con le braccia stanche spingeva una sedia a rotelle versione mini, con sopra la figlia di nove o dieci anni, malridotta e un po’ sciupata ma sorridente, di quella felicità gratuita e asciutta che un adulto, per quanto si sforzi, non potrà mai condividere. La fermai con il pretesto di un accendino, le chiesi il perché di una bambina in carrozzella.
“Sa, Erica è intelligentissima. Capisce le cose al volo, le afferra a una rapidità strabiliante. A volte nemmeno riesco a starle dietro”.
“Si vede dagli occhi, che è una bambina speciale”.
“Però non riesce a scrivere. Impara di tutto alla velocità della luce, già fa i conti a mente. Ma non riesce a scrivere, e la punteggiatura sembra un ostacolo insormontabile”.
“Ma a scuola la maestra non riesce a fare niente?”
“La maestra non sa far altro che urlare che alla sua età dovrebbe saper leggere e scrivere senza difficoltà, non riesce proprio a capire che ha un problema ben più grave”.
“Dio, mi chiedo perché facciano insegnare certa gente...”
“La compagna di banco invece sa mettere i punti e virgola tutti al posto giusto, ma è una capra. E la maestra lì a dirle Ma che brava!, roba che spesso dopo la scuola mi ritrovavo Erica con gli occhi gonfi di lacrime e non capivo il perché”.
“E come lo ha capito, il perché?”
“Due settimane fa, la mattina presto, prima di vestirsi, Erica mi ha chiesto con la sua voce innocente: Mamma, ma secondo te è possibile pensare senza accorgersi di farlo?. Io ero stanca e nervosa, così senza pensarci su molto le ho risposto che no, non era possibile, che a scuola doveva concentrarsi e imparare senza distrarsi. Quel giorno all’ora di pranzo non è tornata, ha attraversato la strada col semaforo rosso e un cretino le è venuto sopra”.
“...Cristo”.
“L’abbiamo portata qui e hanno fatto tutto il possibile, e non c’è giorno in cui non ringrazi il sant’uomo che l’ha operata e me l’ha ridata come la vede lei ora. Rimarrà su una sedia a rotelle per il resto della sua vita, ma almeno è viva, e la sua intelligenza è rimasta intatta, così come il suo sorriso.
“Ieri era l’ultimo giorno qui in ospedale. A un certo punto durante l’ora di pranzo Erica mi ha fatto cenno di avvicinarmi, mi ha sussurrato all’orecchio: Mamma, avevo ragione io, mentre attraversavo stavo pensando senza accorgermene. Sa, questa volta le ho risposto”.
“E cosa le ha detto?”
“Che da due settimane lo faccio anche io tutte le notti”.