18 luglio 2006

Un dolore a cui sono abituato


Una settimana. Ancora una settimana di libri e panini, prima del mio ultimo esame della sessione. Prima di dimenticare come sono disposte le lancette dell'orologio prima di mezzogiorno. Ancora pochi giorni e anch'io entrerò in questa strana estate, che si prospetta in due modi. Drammatica, o perfetta. Senza mezze misure. Non è quello che sarà fuori a farmi pendere verso l'una o l'altra cosa: il sole, il mare, il letto; cosa c'è di drammatico? E' quello che ci sarà dentro di me: critiche urgenze che attendono risposte. Intanto conto i giorni, con quel misto di meraviglia e angoscia, quando sei consapevole che poi, quando non avrai più nulla da fare, il tempo sarà tutto più tuo. Ieri sera, l'olimpico, e i depeche. Un assaggio d'estate per farmi godere emozioni incredibili, ma anche per farmi pesare ogni secondo di questa settimana un po' di più. Una serata perfetta, che ha ribaltato i miei orizzonti: un tempo non credevo che un intero stadio potesse ballare. Oggi il libro di elettronica parlava un'altra lingua, quella degli angeli, e cantava, anni '80, come un vecchio pazzo. Lo studio non è stato proficuo. Vedremo domani, quando sarò a meno sei, quando il cuore e la mente saranno ancora più vicini.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

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